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Racconti


Maria


Non avevo propria voglia di scriverla, questa nota. Ma stasera, mentre cercavo tutt’altro, mi sono imbattuto in questo blog di Beppe Grillo http://www.beppegrillo.it/2006/09/il_trionfo_dell.html.
E allora ho deciso di raccontare la “mia” verità.

 


“Uno spiegamento di poliziotti e agenti in borghese ha circondato il pericoloso convento di Sant Oyen in Valle D’Aosta. Ha prelevato una bambina bielorussa di nome Maria.”



 Fatemi ricordare, ma c’era Beppe Grillo quel giorno? No, non c’era, o almeno io non l’ho visto. Così come non c’era nessuno spiegamento di poliziotti e agenti in borghese: primo, noi siamo carabinieri; secondo, non c’era nessuno spiegamento né in borghese né in divisa. A bussare alla porta della stanza di “Maria” c’erano solo il rettore di Chateau Verdun (la Casa di accoglienza animata dai canonici del Gran San Bernardo che si trova nel comune di Saint Oyen in Valle d’Aosta), un maresciallo donna ed un ufficiale dei carabinieri: nessuno dei due in divisa. E c’era una psicologa dell’ASL di Aosta (solo le peripezie per reperire la psicologa meriterebbero un racconto a parte, ma non è questo il momento).
Fino alla mattina di quel 27 Settembre 2006 di Maria sapevamo solo quello che ci avevano raccontato giornali e televisioni. Poi, dopo la pubblicazione delle foto delle due nonne arrivano due segnalazioni, una dalla Val d’Aosta e l’altra dalla Lombardia: la nonna con i capelli rossi forse era stata vista a Chateau Verdun. E’ bastato poco. In modo molto discreto il comandante della Stazione dei Carabinieri di Etroubles – con in mano le foto delle due nonne – ha chiesto ai Padri Canonici se stessero ospitando le due signore, ottenendone la conferma. Da lì le cose sono state fatte con calma, senza clamore: l’avviso ai magistrati di Genova; la ricerca di una psicologa; l’attesa dell’arrivo dei colleghi di Arenzano; il bussare alla porta della camera di Maria; la bimba e le due “nonne” che con modi gentili e cortesi vengono fatte salire su una auto anonima;il viaggio fino a Genova. Nessuno schieramento; nessun Rambo; nessun suono di sirene; nessun circo mediatico al seguito (il primo a dare la notizia è stato il Ministro Mastella in Parlamento, quando”Maria” era già fuori dalla Valle. Se sapeste quanti strali mi hanno tirato addosso i giornalisti valdostani per questa "buca").
Ecco, tutto qui, potrei dire. Ma non è tutto qui. E’ vero che vesto una uniforme, ma una uniforme non è un giubbotto anti-emozione. Quando in quella stanza ho visto Maria che mi sorrideva mentre giocava al computer a stento sono riuscito a trattenere le lacrime: il cuore conosce ragioni che la ragione non conosce. Ma la ragione mi diceva che ero un professionista che doveva applicare la legge, e che applicando la legge in quel momento avrei contribuito a portar maggiore serenità in una situazione di crisi diplomatica che poteva aver cattive conseguenze su migliaia di altri bimbi come Maria. 
Spero che adesso Maria stia bene e che fra qualche anno possa tornare in Italia a vivere con le persone che l’hanno amata e la amano. Ho applicato la legge, ma in cuore mio non ho mai condannato la famiglia di Cogoleto.



 

  

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